CENNI STORICI SUL CATASTO DELLE GROTTE DEL VENETO

Tracciare la storia del Catasto delle Grotte del Veneto, espressione della Società Speleologica Italiana e della Federazione Speleologica Veneta, impone necessariamente di ripercorrere le vicende che hanno agitato il mondo speleologico vicentino degli anni '60 del secolo scorso. Questa storia, tuttavia, necessita di essere inserita nelle vicende, anche molto lontane nel tempo e nello spazio, che hanno marcato l'avventura speleologica della nostra Nazione, fin dalle sue origini.
Le origini ci portano alla Trieste del 1883, una Trieste parte integrante dell'Impero Asburgico ma con il cuore tutto italiano. Ebbene in quell'anno si costituisce la Commissione Grotte della Società degli Alpinisti Triestini; questa più tardi diverrà la Commissione Grotte della Società Alpina delle Giulie fino all'attuale Commissione Grotte "E. Boegan". Era dura la vita in quegli anni per gli speleologi triestini, sospettati dalle autorità asburgiche di simpatie italiane, tanto che la Commissione sarà più volte ostacolata dalla polizia austriaca. Bisogna attendere ancora qualche anno perchè, seguendo l'esempio dei triestini, sorga il primo gruppo nel territorio del Regno d'Italia: è il 1897, anno di nascita della Commissione Speleologica del C.A.I. di Milano, poi diventato l'attuale Gruppo Grotte C.A.I.-S.E.M. di Milano.

Fig. 1 Copertina originale del fascicolo che conteneva le schede catastali del Veneto depositate presso l’Istituto Italiano di Speleologia di Postumia
L'anno successivo nasce ad Udine il Circolo Idrologico e Speleologico Friulano, attivo con continuità fino ad oggi. Si apre il vaso di Pandora: nascono nel 1899 il Circolo Speleologico Maddalena di Brescia (poi diventato Gruppo Grotte "G. Allegretti" di Brescia), nel 1902 il Circolo Speleologico Emiliano a Bologna, nel 1903 la Società Speleologica Italiana e infine nel 1904 il Circolo Speleologico Romano a Roma.
Poi interviene la prima guerra mondiale a disperdere uomini e animi. Alla fine del conflitto, fra il 1918 e il 1921 vengono regolate le annessioni territoriali conseguenti alla sconfitta degli imperi centrali, di quello austro-ungarico, in particolare, per quanto riguarda il nostro Paese. Il Trentino, l'Alto Adige, la Venezia Giulia con Trieste e l'Istria, parte della Dalmazia sembrano concludere il Risorgimento e con esso l'unificazione nazionale. Malgrado i molti lutti, la dispersione dei materiali e la necessità e l'urgenza di ricostruire una vita dignitosa pesino molto in quegli anni, la speleologia si rianima ancora una volta nell'Italia del nordest, quella più toccata dalla guerra. La raccolta pietosa delle salme dei soldati caduti nelle voragini, la possibilità economica offerta dal recupero di residuati bellici ma anche la mai sopita curiosità per il mondo sotterraneo fanno infatti ripartire lentamente, ma inesorabilmente, il movimento speleologico.
Fig. 2 I protagonisti della Preta: l’ing. Luigi De Battisti

Fra le acquisizioni territoriali più significative per la nostra storia ci sono indubbiamente le grotte istriane e giulie, che l'amministrazione asburgica aveva reso turistiche: fra tutte le Grotte di Postumia, denominate Adelsberger Grotten in lingua tedesca e Postojnska Jama in sloveno. Nel 1922, sotto la spinta del nuovo regime che si affaccia in Italia, vengono nazionalizzate le grotte turistiche istriane; nasce così l'Azienda Autonoma delle R.R. Grotte Demaniali di Postumia. Nel 1926 suscita enorme interesse la pubblicazione del corposo e straordinario volume di L.V. Bertarelli ed E. Boegan "Duemila Grotte". In questo volume sulle grotte della Venezia Giulia, per la prima volta in maniera ufficiale, le cavità vengono indicate non solo con il nome ma anche con un numero progressivo: nasce così il concetto di catasto delle grotte. I tempi sono maturi: la delibera del 26 novembre 1928 del Consiglio di Amministrazione delle R.R. Grotte Demaniali di Postumia sancisce la costituzione, quale suo organo interno, dell'Istituto Italiano di Speleologia; quest'ultimo nasce ufficialmente il 1 gennaio 1929, con lo scopo di promuovere lo studio e la conoscenza delle grotte del nostro Paese.
Fig. 3 Esplorazione della Spluga della Preta nel 1926 da parte del S.U.C.A.I. di Verona: l’argano per scendere il pozzo iniziale
Fra le primissime iniziative del neonato Istituto vi sono la pubblicazione della rivista "Le Grotte d'Italia", a scadenza regolare e, nel 1930, la costituzione del Catasto delle Grotte d'Italia.
Cosa succede intanto nel Veneto? Nel 1925 a Verona, grazie all'entusiasmo dell'ing. Luigi De Battisti e del cap. Gianni Cabianca, nasce il Gruppo Grotte della Sezione Universitaria del C.A.I. (S.U.C.A.I.). Il neonato gruppo si distingue subito per le esplorazioni, condotte fra il 1925 e il 1930, della più misteriosa e temuta grotta italiana: la Spluga della Preta. Queste esplorazioni destano ammirazione e stupore ben al di fuori dell'ambito regionale e nazionale. Con gli stimati 520 metri di profondità (stima peraltro ben gradita dalla propaganda del Regime) la Preta diventa la più profonda voragine del Mondo. Anche se, come oggi sappiamo, la stima era ben lungi dal reale nulla toglie al merito di queste eccezionali e pionieristiche esplorazioni. Nel 1926 nasce nel vicentino, grazie all'attivismo di Bortolo Fracasso, Carlo Molon e del cap. Duilio Zuffellato, il Gruppo Grotte del C.A.I. di Arzignano.
Fig. 5 I protagonisti della Preta: il cap. Gianni Cabianca
Nel 1930 il gruppo pubblica su "Le Grotte d'Italia" la descrizione delle nuove cavità esplorate: queste riportano il numero ufficiale del Catasto delle Grotte d'Italia a partire dal numero 2-V, essendo il numero 1-V già assegnato alla Spluga della Preta. Nello stesso anno, il 1930, animato da Gino Bigon, nasce a Schio il Gruppo Grotte della Società Alpina Val Leogra, diventato poi, nel 1932, il Gruppo Grotte del C.A.I. di Schio.
Fig. 4 Foto di gruppo all’uscita della spedizione in Preta del S.U.C.A.I. di Verona del 1926
Infine a Vicenza, sempre nel 1932, il rag. Gastone Trevisiol fonda il Gruppo Grotte dell'Unione Escursionisti Vicentini (U.V.E.), che l'anno successivo diventerà il Gruppo Grotte del C.A.I. di Vicenza.
Intanto a Postumia il Catasto si organizza: vengono stampati registri, schede, raccoglitori, si diramano indicazioni ai gruppi speleologici sui criteri per presentare le cavità al catasto. In questo momento l'unica richiesta vincolante è la corretta ubicazione dell'ingresso ma si suggerisce in maniera esplicita l’opportunità di fornire anche il rilievo topografico. A titolo di esempio si vuole qui illustrare il contenuto originario dei plichi relativi alle grotte 1-V e 2-V del Veneto, cioè rispettivamente la Spluga della Preta a Sant'Anna d'Alfaedo (Vr) e la Grotta del Dente a Montecchio Maggiore (Vi). In entrambi i casi i documenti sono conservati in apposite cartelle che riportano lo stemma e le diciture delle R.R. Grotte Demaniali di Postumia e dell'Istituto Italiano di Speleologia. Al centro della cartella, di cartoncino bruno, campeggia la dicitura Catasto delle Cavità Sotterranee, a cui seguono alcune stringhe da compilare a mano, una per indicare la regione, una il numero di catasto e altre per la denominazione della cavità.
Fig. 6 Lucido predisposto dall’Istituto Italiano di Speleologia di Postumia per la corretta individuazione delle cavità sulle tavolette I.G.M. Il presente lucido è relativo alla cavità veneta n. 2 (Grotta del Dente, Montecchio Maggiore, Vi)
Nella cartella relativa alla Spluga della Preta (1-V) si trovano:

Nella cartella relativa alla Grotta del Dente (2-V) si trovano invece:

Fig. 8 La rivista trimestrale “Le Grotte d’Italia” diventa l’organo ufficiale dell’Istituto Italiano di Speleologia di Postumia e ospita i primi lavori catastali sulle grotte del Veneto

Le singole cavità catastate venivano inoltre riportate, regione per regione, su un registro prestampato organizzato in colonne per: numero di catasto, nome, nome indigeno, proprietà, carta topografica (scala x 1000, nome, n°, quadrante, tavoletta), situazione (metri, direzione da; ad esempio per la Spluga della Preta: 1000 m NE + 3° N da la vetta del Corno d'Aquilio), profondità pozzi (di accesso, interni), quota imboccatura, massima profondità, lunghezza della grotta.
Fra il 1930 e il 1943 risultano censite nel Veneto 173 cavità, 3 in provincia di Belluno, 10 a Treviso, 45 a Verona e 115 a Vicenza. Poi la storia si intreccia con le tragiche vicende della Seconda Guerra Mondiale; nel 1943 l'andamento della guerra e l'insicurezza militare nel confine orientale ormai consigliano di spostare l'Istituto Italiano di Speleologia che trasloca a Recoaro Terme, dove è ospitato presso le Regie Fonti Demaniali, con tutti i suoi documenti, compresi quelli del Catasto delle Grotte d'Italia. Ma a Recoaro ha sede anche il feldmaresciallo Kesselring, comandante in capo delle forze tedesche operanti nell'Italia, di fatto militarmente occupata. La rivista trimestrale “Le Grotte d’Italia” diventa l’organo ufficiale dell’Istituto Italiano di Speleologia di Postumia e ospita i primi lavori catastali sulle grotte del Veneto

Fig. 9 Prima pagina del registro delle Grotte del Veneto compilato dal Catasto delle Grotte d’Italia con sede a Postumia
La presenza del catasto grotte suscita l'interesse di un sottoposto di Kesselring, il col. prof. Hans Brand, già membro del Centro per le Ricerche Carsiche e Speleologiche di Monaco. Ma se per il col. Brand l'interesse per le grotte italiane era verosimilmente scientifico, ciò non era per le autorità militari tedesche, consce dell'importanza di conoscere potenziali rifugi per i renitenti alla leva della neonata Repubblica Sociale Italiana e per i partigiani. Sta di fatto che, nel 1944, tutti i documenti del Catasto delle Grotte d'Italia vengono requisiti dalle autorità militari tedesche e quindi trasferiti, a fronte della sempre più precaria situazione militare, dapprima ad Ugovizza in Carnia e quindi a Pottenstein in Baviera. Alla fine del conflitto, nel 1946 i documenti del Catasto vengono individuati ma, invece di essere riconsegnati all'Italia, vengono requisiti dalle autorità militari americane e trasferiti prima a Bamberg e quindi a Monaco. Solo nel 1949, attraverso i canali diplomatici, i documenti - purtroppo molto menomati - vengono riconsegnati al legittimo proprietario, l'Italia, e depositati definitivamente a Bologna.
Ma la guerra ha creato per altri drammi: l'Italia distrutta, territori invasi, la popolazione decimata, i profughi, la fame, la disperazione. In questa situazione nemmeno la speleologia si salva: le sole due strutture nazionali, la Società Speleologica Italiana e lo stesso Istituto Italiano di Speleologia si sciolgono, quest'ultimo persino privato dalla perdita della sua sede, annessa con tutta l'Istria alla neonata Yugoslavia. Nel Veneto, con l'unica eccezione dl Gruppo Grotte del C.A.I. di Schio, la situazione vede lo scioglimento di tutti i gruppi speleologici attivi prima del conflitto, compreso il neonato Comitato Speleologico di Lamon. Durante la guerra, infatti, era impensabile per ovvi motivi, non ultimo la mancanza di uomini e mezzi, svolgere attività speleologiche di qualche tipo. Tuttavia qualcosa resisteva: con pochi e occasionali collaboratori e talvolta con grandi e gravi rischi personali, padre Giuseppe Perin, dell'ordine dei Buoni Fanciulli di Costozza (Longare, Vicenza), è attivo a Vicenza nei Monti Berici, mentre il prof. Angelo Pasa, del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, prosegue le sue ricerche scientifiche sul carsismo del veronese.
Nel 1947 viene pubblicato, sotto l'egida della sezione di Vicenza del C.A.I., il volumetto "Scienza e Poesia sui Berici" di Giuseppe Perin e con contributi postumi di due coautori, il conte Giulio Da Schio e il rag. Gastone Trevisiol, quest'ultimo deceduto a seguito delle ferite subite durante il bombardamento aereo di Vicenza del 20 novembre 1944. Fra le molte notizie riportate nel lavoro di Perin ci sono anche la descrizione e rilievi topografici di grotte beriche, le quali vengono individuate da numeri del Catasto delle Grotte d'Italia dal 174-V al 356-V. Nel 1954 Angelo Pasa pubblica, con i contributi del C.N.R., il fondamentale lavoro "Carsismo e idrografia carsica nel gruppo del M. Baldo e nei Lessini veronesi". Anche in questo lavoro vengono censite cavità naturali, comprese fra i numeri 221-V e 333-V, creando così, evidentemente all'insaputa dell'Autore, una grave sovrapposizione di numeri catastali con le grotte dei Monti Berici, pubblicati in precedenza. Il lavoro di Pasa arriva in un momento importante per la Speleologia nazionale e veneta.
Fig. 10 Dopo la guerra, il 25 giugno del 1950, presso il Museo di Storia Naturale di Verona, viene rifondata la Società Speleologica Italiana
Nel 1950 viene infatti ricostituita, proprio presso il Museo Civico di Storia Naturale di Verona, la Società Speleologica Italiana mentre nel 1955 è la volta dell'Istituto Italiano di Speleologia, che trova ospitalità a Bologna presso il Dipartimento di Geologia della locale Università.
Nel Veneto al Gruppo Grotte del C.A.I. di Schio, unico sopravvissuto alla guerra, si affiancano nel 1948 il Gruppo Grotte "A. Massalongo" di Verona, nel 1951 il Gruppo Grotte Falchi, nel 1952 il Gruppo Speleologico del C.A.I. di Mestre, mentre vengono rifondati sempre nel 1952 il Gruppo Grotte del C.A.I. di Verona e nel 1954 il Gruppo Grotte "G. Trevisiol" del C.A.I. di Vicenza. Quest'ultimo è l'informale depositario del catasto, avendo acquisito i documenti originali del disciolto gruppo arzignanese. Negli anni fino al 1960 vengono censite una ventina di cavità ad opera degli speleologi vicentini e scledensi ma, di fatto, non esiste più un catasto funzionante, né a livello locale che nazionale. Fra il 1960 e il 1966 sorgono nuovi gruppi in tutto il Veneto ma, per questa ricostruzione degli eventi, è necessario seguire per ora le sole vicende vicentine: nel 1960 vengono fondati il Gruppo Grotte di Asiago e il Gruppo Grotte del C.A.I. di Thiene, nel 1962 è la volta del Club Proteo di Vicenza, poi Club Speleologico Proteo, nel 1965 sorge a Valdagno il Gruppo Grotte del C.A.I. Fra il 1966 e il 1968 opera, sotto la guida di Gabriele Rossi Osmida, la Delegazione Speleologica Veneta (D.S.V.), il primo generoso, anche se effimero, tentativo di aggregare la Speleologia Veneta, in quel momento, soprattutto a Verona, molto litigiosa. Nell'ambito della D.S.V. si ripropone il problema del Catasto delle Grotte e l'incarico di studiare la situazione, onde giungere a decisioni condivise, viene affidato a Paolo Mietto del Club Speleologico Proteo di Vicenza. Questo incarico matura a seguito dell'interesse per il problema del catasto delle grotte manifestato dal Club Speleologico Proteo di Vicenza, unitamente al Gruppo Grotte C.A.I. di Schio. Già nel 1967, infatti, i responsabili dei due gruppi, Paolo Mietto e Leonardo Busellato, avevano riferito sulla stampa cittadina della loro intenzione di riprendere in mano la questione del catasto delle grotte del vicentino. Questo fatto irrita il Gruppo Grotte "G. Trevisiol" del C.A.I. di Vicenza, depositario di molti documenti dell’originario Catasto, per cui il progetto della D.S.V. non sortisce alcun effetto.
Alla fine del 1967, ormai disciolta la D.S.V., il Gruppo Grotte "Trevisiol" invita tutti i gruppi vicentini ad un incontro, per parlare del problema del catasto grotte e gettare le basi per una futura collaborazione. All'incontro aderiscono tutti i gruppi attivi nel vicentino in quel momento, meno cioè i gruppi di Asiago e Thiene scioltisi nel frattempo. A seguito di una serie di incontri, nel 1968 è formalmente costituito il Catasto Speleologico del Vicentino.
Fig. 11 Recto di una scheda catastale del “Catasto Speleologico del Vicentino” (201 V Vi – Voragine del Pericolo, Arcugnano, Vi)
Fig. 12 Verso della scheda di Fig. 11
A questa struttura, operativa su scala locale fino al 1972, aderiranno i nuovi gruppi sorti nel frattempo: nel 1968 il Gruppo Speleologi del C.A.I. di Malo, fra il 1968 e il 1969 il Gruppo Speleologi Berici di Longare, nel 1970 cessa invece l'attività il Gruppo Grotte del C.A.I. di Valdagno che trasferisce i suoi documenti catastali al Proteo, nel 1970 sorge il Gruppo Grotte "Giara Modon" di Valstagna e nel 1972 il Gruppo Speleologico Settecomuni di Asiago. Si stabilisce che ogni cavità, per essere censita, deve essere necessariamente corredata, oltre che dai dati di ubicazione, anche dal rilievo topografico. La gestione del catasto locale, per il quale si provvede a stampare su cartoncino bianco una apposita scheda catastale e compilare un registro apposito, viene affidato alle cure del Club Speleologico Proteo, nella persona di Paolo Mietto Alla fine del 1972 risultano censite nel vicentino le cavità dal numero 521 V Vi al numero 989 V Vi.
In questo momento, la composizione catastale del Veneto risulta così strutturata:

da 1-V a 173-V - numeri del vecchio Catasto delle Grotte d'Italia di Postumia

da 174-V a 356-V - numeri assegnati a grotte dei Monti Berici tratti dal lavoro di Perin del 1947

da 357-V a 500 -V- numeri lasciati liberi per la provincia di Verona in modo da recuperare i dati di Pasa del 1954

da 501-V a 520-V- numeri assegnati fra il 1954 e il 1962

da 521-V a 989-V- numeri del Catasto Speleologico del Vicentino

Nel 1972 c'è una ulteriore, fondamentale svolta: la Società Speleologica Italiana ricostituisce il Catasto delle Grotte d'Italia, come patrimonio esclusivo e inalienabile degli speleologi italiani. Il neo Catasto prevede una struttura centralizzata di coordinamento, affidata all'ing. Giulio Cappa di Roma, e una organizzazione su base regionale. I sondaggi operati fra i gruppi grotte attivi nel Veneto confluiscono sul nome di Paolo Mietto che, nel 1973, viene nominato responsabile regionale per il Veneto. Contestualmente i documenti catastali vengono fisicamente affidati al Club Speleologico Proteo di Vicenza, che diventa la sede ufficiale del neonato Catasto delle Grotte del Veneto - S.S.I. I contatti fra il responsabile regionale e singoli gruppi speleologi veneti danno la giusta spinta al neonato catasto Veneto. In occasione del primo convegno di speleologia del Triveneto, tenuto a Treviso, viene presentata la situazione del catasto Grotte del Veneto. In quel momento vi risultano censite 1817 cavità così suddivise: Padova 9, Belluno 57, Treviso 116, Verona 385, Vicenza 1250. In questo momento la S.S.I. riconsegna alle singole strutture regionali quello che rimane dei documenti originari del catasto di Postumia. E' così che anche il Veneto rientra fisicamente in possesso di almeno parte della sua storia speleologica. L’8 maggio 1980 viene promulgata dalla Regione del Veneto la legge regionale n. 54, che prevede interventi nel campo speleologico. Uno dei punti salienti è la costituzione di un Catasto regionale per il censimento delle aree carsiche e delle grotte. La situazione si fa imbarazzante dal momento che improvvisamente ci si ritrova nel Veneto con due catasti, sebbene uno solo sulla carta. La legge regionale prevede anche l'istituzione di un albo regionale dei gruppi speleologici e la costituzione di una Commissione Speleologica Regionale, ma appare evidente che per funzionare la legge ha bisogno di un interlocutore unico. A fare da interlocutore è in un primo momento il Catasto degli speleologi che riceve, in questo senso, un preciso mandato sia dai gruppi veneti che dalla S.S.I. Nel frattempo il catasto si attiva per coagulare la speleologia veneta in una unica struttura.

Fig. 13 Prima pagina dell’atto costitutivo della Federazione Speleologica Veneta: Vicenza. sede del Catasto delle Grotte del Veneto, 24 gennaio 1981
Fig. 14 Pagina 2 dell’atto costitutivo della F.S.V.
Fig. 15 Pagina 3 dell’atto costitutivo della F.S.V.
E' così che il 24 gennaio 1981 viene costituita, con il patrocinio del Catasto delle Grotte del Veneto S.S.I., la Federazione Speleologica Veneta. Intanto la collaborazione, fra la Segreteria del Territorio della Regione Veneto, incaricata di gestire la l.r. n. 54 e il Catasto Grotte S.S.I., permette di elaborare il regolamento di attuazione della legge stessa, rendendola del tutto operativa il 28 agosto 1981. Il Catasto delle Grotte del Veneto S.S.I. diventa così una struttura anche della neonata Federazione e viene incaricato con apposita convenzione, firmata il 31 marzo 1987 e rinnovabile automaticamente di anno in anno, di costituire e mantenere aggiornato il Catasto regionale delle grotte e delle aree carsiche, assumendo la priorità nel censimento delle cavità venete e mantenendo così inalterate nel tempo le proprie caratteristiche storiche e le proprie competenze, sanciti dai regolamenti della S.S.I. e della F.S.V.
Fig. 16 Frontespizio del Bollettino della Regione Veneto del 20 maggio 1987, che sancisce di fatto la costituzione del “Catasto Regionale delle aree carsiche e delle grotte del Veneto”

Un momento significativo nel rapporto Regione Veneto - Catasto Grotte è la pubblicazione di un fascicolo speciale del Bollettino Ufficiale della Regione Veneto che il 20 maggio 1987 in cui compare ufficialmente l'elenco catastale delle grotte del Veneto e delle aree carsiche, garantendo così la tutela di questo straordinario patrimonio naturale, prevista dalla stessa legge regionale. In questo momento risultano censite nel Veneto 2756 cavità naturali, così suddivise: Padova 14, Belluno 110, Treviso 189, Verona 411, Vicenza 1852. Nel 1989 la Regione Veneto si fa promotore della pubblicazione di un volume illustrato sulle Grotte del Veneto, a cura di Mietto P. e Sauro U., a cui segue una seconda edizione riveduta e aggiornata nel 2000. Negli anni a venire fino al 2007 i dati catastali sono stati regolarmente pubblicati dalla Federazione Speleologica Veneta attraverso la propria rivista "Speleologia Veneta". Il Catasto Grotte del Veneto è presente in maniera attiva nell'ambito della Commissione Catasto della S.S.I. – assumendone per alcuni anni la direzione - dove si è fatto promotore per l'estensione a livello nazionale del Catasto delle aree carsiche e del Censimento delle cavità con rischi ambientali e facendosi parte attiva nel progetto di censimento dei Siti Naturali Ipogei dell’Italia e del Catasto delle sorgenti carsiche.
Questa nota è stata presentata a Recoaro Terme il 24 marzo 2007 dove, anche se per poco e in momenti drammatici, è sostato l'originario Catasto delle Grotte d'Italia dell'I.I.S. di Postumia, e traccia anche fisicamente, oltre che idealmente, quella continuità alle vicende raccontate, dandole dignità di Storia.

tratto da:
Mietto P. (2010) - Il catasto speleologico del vicentino alle origini del catasto delle grotte del Veneto. Speleologia Veneta, all. scient. 7: 55-68, Castrette di Villorba (Tv).

 

 

IL PROGETTO GIS DEL CATASTO DELLE GROTTE DEL VENETO

Il progetto di Georeferenziazione e di placchettatura delle grotte censite nel Catasto delle Grotte del Veneto, progetto inizialmente supportato dalla Regione del Veneto, diventa pienamente operativo nel 2011. Sulla base di questo progetto, le grotte censite nel Catasto andranno marcate con una placchetta metallica che riporta una sigla alfanumerica. Tale placchetta fa riferimento ai dati geografici dell’ingresso della cavità, definiti tramite GPS ed espressi in coordinate WGS84. Ogni cavità così placchettata sarà provvista anche di foto dell’ingresso. I dati catastali del Veneto sono inseriti nel progetto WISH gestito dalla Commissione Nazionale Catasto della S.S.I., ma a livello veneto è stato elaborato un programma GIS estremamente più avanzato e completo. Questo programma prevede la georeferanziazione di tutte le cavità censite su base Google Earth, generando punti attivi che permettono l’accesso ai dati registrati sul Database del Catasto, ai rilievi disponibili su base storica e alle foto degli ingressi placchettati. In futuro potrà essere possibile implementare il GIS con foto delle cavità e con i dati bibliografici o dati di altra natura. Per motivi di riservatezza l’accesso a questo servizio è per ora limitato esclusivamente ai Gruppi speleologici afferenti alla Federazione Speleologia Veneta.

tratto da:
Mietto P. (2016) – Il progetto di georeferenziazione e placchettatura delle grotte del Veneto: stato dell’arte. Speleologia Veneta, 22(2015-2016): 159-186.